Scusi, le piace Brahms? – Emily Dickinson

– Scusi, le piace Brahms, Miss Dickinson? …Miss Dickinson?…eppure mi è parso di sentir leggere alcuni suoi versi…Miss Dickinson…volevo chiederle se le piace Brahms…è importante, sa…
– Sì, è vero, stavo leggendo a voce alta alcuni versi, li ripassavo, mi fanno tornare in mente tanti ricordi…ho bisogno dei miei ricordi…qui la memoria tende a sbiadire, si libera dalla mente e se ne va in giro, divenendo materia universale…
– Miss Dickinson, ma dov’è? non la vedo…
– Che importa se non mi vede? Non le bastano le mie parole? la mia conversazione?… perchè sente il bisogno di vedermi?… sempre a guardare, voi moderni, voyeuristi delle vostre vite…
– Ha ragione, Miss Dickinson, in fondo quest’intervista verrà trasmessa alla radio…perché – ancora non glielo ho detto – ma volevo porle alcune domande, insomma intervistarla…pochi minuti, qualche curiosità.
– Come quella di sapere se mi piace Brahms?
– Sì, appunto…
– Perché, non le basta la musica dei miei versi?
– Io adoro le sue poesie, Miss Dickinson…ma non volevo parlarle dei suoi versi, quelli li conosco a memoria.
– Beato lei, io sto dimenticando tutto, in questo posto, non ricordo più niente…sto evanescendo… quando lei mi ha chiamato per nome quasi non riuscivo a riconoscermi, lo capisce, vero?…qui non siamo più noi stessi, o forse, è proprio questo che dobbiamo imparare: a sbiadirci, scontornarci, a perdere la nostra identità, la terra che c’è in noi, e divenire parte di un universo, perché solo quello siamo, anche in vita…parte della natura…
– Dobbiamo continuare a parlare con questa porta nel mezzo?
– Lei pensa che una porta possa separarci dal resto delle cose?… una porta chiusa a chiave spesso ce le fa ritrovare, le cose, quelle a cui non prestiamo mai la nostra cura quando tutte le porte sono aperte e noi liberi di passare attraverso le stanze della vita…
– Ecco, io proprio questo volevo chiederle: chiusa dentro una stanza, così giovane, come lo ha visto il mare, lì dentro … non ne ha sentito la mancanza?…
– Il mare?…
– Sì, il mare…ha ragione, a lei avrei dovuto chiedere dell’oceano…
– Non ho mai visto il mare…non sono mai andata al mare…per la prima volta lo vedo qui… qui siamo mare, capisce?… tenui creste di mare, onducole calme, sonno di mare…
– Sa, io sono nato e vivo in un’isola…una bella isola…un’isola ha bisogno del mare per essere un’isola… voglio dire, da bambino, la maestra ci insegnava che l’isola era quella parte di terra completamente circondata dal mare …un’isola senza mare o con qualche lato di mare sarebbe continente, penisola, istmo…
E poi finisce che anche chi vive in un’isola ha bisogno del mare…
– Mi ha tolte le parole di bocca, Miss Dickinson…
– Lo so, la capisco, io ho vissuto nella mia isola, senza quell’isola non sarei potuta vivere, ne avevo bisogno…
…non sarei stato quello che sono senza il mare della mia isola, senza la mia isola circondata dal mare, isolata dal mare e piena di orizzonte…
– Gia…com’è vero!…circondati dall’infinito…alzarsi la mattina, ogni mattina, aprire la finestra – o magari chiudere una porta – e l’infinito è sempre lì…non puoi fuggire…circondata dall’infinito…ci devi pensare, all’infinito, non puoi prenderti una pausa, divagare, evadere…l’infinito è lì, quell’orizzonte che non cogli, quel cielo e quel mare impastati insieme, per confonderti, per farti capire che non c’è un limite, un confine, una linea, qualcosa che rassicuri lo sguardo, che gli dica: ”Puoi raggiungerlo, ci impieghi del tempo, ma alla fine ce la fai, lo puoi guardare da vicino, capire cos’è, starci dentro…

– Posso farle una confessione, Miss Dickinson?… non l’avevo ancora detto a nessuno, credevo che gli altri non capissero appieno la mia sensazione…
– Vuole dirmi che ci ha il mare dentro, vero?…
– Oh, Miss Dickinson, ma lei mi legge nei pensieri!… sì, a volte, quando mi fermo a pensare, quando non vado di corsa ed il mare è solo un paesaggio che c’è e non lo cerco, come una madre, come una cornice intorno ai giorni forsennati…, il dintorno azzurro, verde, nero, arrabbiato di onde o calmo di luna piena, navigato da righe arricciolate di spuma bianca e di zampilli come di fontane romane, gonfio di vento o fermo come il dolore di un ricordo…
– …sente di essere un mare intorno ad un’isola…capisco… e si è anche chiesto se è possibile essere un mare e un’isola allo stesso tempo…ha pensato che fossero un evidente contrasto: l’isola contornata dalle sue coste, fatta di terra, di campi cinti da muri di pietre, di cime che spezzano il cielo, di case che escludono altre case, di piazze chiuse da statue severe, di chiese e preghiere sgranate all’elemosina dei santi, e il mare, il suo mare, senza una fine, che non ci basta lo sguardo, e noi non capiamo se quella che a noi sembra fine, solo perché a noi più lontana, sia invece l’inizio, l’origine, il centro e noi viviamo la sua periferia, la sua appendice, l’estremo immensurabile …
– Miss Dickinson, lei vuol dirmi che non c’è alcuna contraddizione tra isola e mare?…
– La contraddizione esiste solo nelle categorie dell’uomo, il mare e l’isola sono identità, non contraddizione, anche se devo ammettere che non esiste identità che non sia antitetica, o forse dovrei dire che l’identità non è mai una…come il mare e l’isola…
– “e l’onda muore lontano sull’azzurro senza confine”…
– ah, ma allora ha letto anche le mie lettere …-
– sì, ho letto…ho letto… tutto quel dolore…

Dopo un grande dolore viene un sentimento formale
i nervi, siedono cerimoniosi come tombe-
il cuore irrigidito si chiede
se proprio lui ha sopportato,
e se fu ieri, o secoli fa.
I piedi -meccanici-
vagano su una strada legnosa
se di terra o di aria o niente-
ormai indifferenti.
Appagamento di quarzo, come pietra.
Questa è l’ora di piombo-
ricordata da chi sopravvive,
come gli assiderati ricordano la neve:
prima il gelo, poi lo stupore –
poi l’abbandono.

– …lei Miss Dickinson continua a leggermi nel pensiero: è la mia poesia preferita!… nessuno ha mai saputo né mai saprà descrivere così bene le conseguenze di un dolore… nessuno avrebbe detto di quel “sentimento formale” …eppure è così, è proprio vero: “after great pain, a formal feeling comes”…
…il dolore è un’isola senza mare, un’isola malata di nostalgia del mare che le si è asciugato addosso, lasciandola
“Of ground, or Air, or Ought”… “like a Stone”
…o forse un’isola inabissata, un’isola che il mare ha sommerso, un’isola che il mare ha dimenticato, abbandonato nel suo fondo…-
“then the letting go”
Miss Dickinson, ma perché quell’incrinatura dell’anima, quella vertigine che le impediva di vivere gli altri, quel rifiuto del mare della vita, del viaggio, quell’isola senza mare?…Miss Dickinson…busso ma non sento più la sua voce…Miss Dickinson …accidenti, ci fosse mai una che riesce a dirmi se le piace Brahms…

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