Scusi, le piace Brahms? – Cristina Campo

– Scusi, le piace Brahms signora Guerrini?…signora Guerrini? signora Guerrini!… eppure è lei, l’ho riconosciuta: l’arco sottile delle sopracciglia, sospeso in un’eterno lontano, la fronte ampia, gli occhi grandi e vaghi , la bocca dolce e indifesa, chiusa in un silenzio perfetto, e l’espressione di clemente ironia di chi conosce il suo tempo, “il tempo della bellezza in fuga”… signora Guerrini, suo padre era maestro di musica, si sarà pur fatta un’idea su Brahms?…
– Cristina Campo, mi chiamo Cristina Campo. Così sono conosciuta, questo è il mio nome. Ah, dimenticavo, la fama, la notorietà, l’esibita apparenza: voi moderni vivete la vostra forma e simulate la vostra sostanza. Io, al contrario, volevo essere invisibile, segreta, volevo essere un’infinita sottrazione, una cancellazione, un’illusione, il personaggio di una fiaba, le mille e una identità delle notti di Sherazade…
– Sì, certo… dimenticavo … Cristina Campo, in fondo, è stato l’ultimo, il suo preferito, lo pseudonimo eletto tra tutti quelli dietro cui si è celata quando scriveva…
– Ho scritto poco e avrei voluto scrivere di meno…
– Oh, ma le sue traduzioni, le sue lettere, le sue poesie, tutto quello che lei ha scritto è sublime…
– Sono vissuta in un tempo in cui il campo ha significato agghiaccianti atrocità, quando invece per me ha sempre espresso accoglienza, cultura dell’altro, asilo…-
– Ecco, appunto, signora Campo, volevo chiederle: i suoi tempi sono stati tempi importanti, decisivi nella storia del nostro Paese, sono accaduti eventi che ne hanno rivoltato le sorti, hanno conosciuto una guerra mondiale, statisti che hanno gettato le fondamenta della nostra democrazia, perché, allora, questo suo stare altrove, questo venire da un altro mondo, come lei stessa ha detto, questa trascendenza, questo farsi ombra, queste molteplici maschere dietro cui poter scomparire? a pochi passi ruggiva la città, scrisse alla sua amica Mita…
– Chi cerca conoscenza per accrescere la sua potenza, non scopre alla fine che la potenza è irrisoria? –
– Signora Campo, il concetto è molto interessante ma magari espresso così rischia di sembrare oscuro, sarebbe molto utile se volesse chiarirlo …in fondo, lei visse lontana dai fermenti dei tempi e dei suoi contemporanei e sostenne con forza l’anelo alla perfezione, come meta, apoteosi di un viaggio ascetico…
– Ha mai letto le fiabe?
– Beh, sì certo, sono cresciuto con le fiabe…ma poi, mi chiedo, chi non ha mai letto una fiaba?… ancora da adulti, a volte, le fiabe ci ispirano nella vita: le paure, i desideri, l’avventura…
– Ha mai fatto caso che l’eroe delle fiabe parte per avere una cosa e ne riceve misteriosamente un’altra? il cammino che deve percorrere per conquistare ciò che è il fine della sua missione, lo porterà ad affrontare e superare una serie di prove, spesso dolorose, che non sono altro che la metafora della sua crescita, del suo cambiamento, del suo cammino verso il senso della vita, per cui alla fine l’impresa non è altro che il mezzo per raggiungere la propria maturità e non il fine…
– Quindi quel “vissero felici e contenti” ce l’abbiamo aggiunto noi, voglio dire: secondo lei la fiaba non è conquista di felicità?…
– Dipende da cosa si intende per “felicità”…vede, la caparbia, inesausta lezione delle fiabe è la vittoria sulla legge di necessità…e lei non crede che già questo dovrebbe renderci felici? –
– La felicità però non discende dalla conoscenza, anzi, più si sa e meno si è felici… il saggio non è felice…
– Immagino quanto sia difficile per voi vivere i vostri tempi se credete che la conoscenza non sia per sé stessa fonte di felicità…a meno che non scambiate la felicità per la ricerca del piacere… il consumo di edonismo dei vostri tempi mi fa paura…

– Ha ragione, nonostante lei abbia vissuto come i suoi “imperdonabili” , abbia preferito cercare l’assoluto nel tempo, abbia cercato di viverlo nella sua nudità, abbia scritto che solo lo strumento vago del presagio ci fa percepire la bellezza nella sua forma più pura, devo ammettere che è sempre stata un’acuta e rigorosa interprete dei suoi tempi… e dimostra di esserlo anche dei nostri…
– voi non riuscite a capire che l’affanno del piacere è l’origine della vostra ansia e del vostro avvilimento: aspirate a qualcosa che non potete mai possedere …il piacere è attimo, momento, acme di sensi, e voi vi ostinate, vi intestardite a tenderlo, ad eternarlo, come Sisifo, spingete il masso del vostro piacere fino alla cima della vostra montagna per vederlo, ogni volta, rotolare giù, e ricominciate, ogni volta, ancora… –
– La conoscenza, come lei la intende, ci eviterebbe tutto questo, quindi? ricordo che ha scritto di quel cinese che, condotto insieme ad altri alla ghigliottina, ai tempi della rivolta dei Boxers, in fila, leggeva un libro e che a questo dovette la propria salvezza e che lei immaginò rispondesse, a chi gliene aveva chiesto spiegazione: ”Ogni rigo letto è profitto”…, prima di confondersi, non più visto, tra la folla…
– L’arte della “sprezzatura”… la graziosa enfasi dell’incuranza di sé, l’indifferenza di sé… anche di fronte alla morte…-
– Ma la conoscenza nella fiaba non è il sapere della scienza, non è logica, non è approccio razionale alle cose: lo ha ammesso lei stessa, nella fiaba vince il folle che ragiona a rovescio, che ascolta l’oracolo di animali parlanti, che bacia rospi prigionieri di incantesimo, che coglie segni e prodigi di foreste labirintiche, ingoia biscotti magici, vola su tappeti volanti…
– vive l’impossibile e, per farlo, deve prescindersi, quasi sonnambulare, astenersi dalla sua identità, dalla sua considerazione, accogliere destini altri per trovare il proprio, raggiungere l’oblio di se stesso, la propria indifferenza, come diceva Pasternak… “mai non esitare a cancellare capitoli interi della tua esistenza”… solo trascendendosi, l’eroe potrà accogliere ogni possibilità. Ma mi dica, lei che ancora può permetterselo, si può arrivare alla conoscenza se non si battono tutte le strade impossibili?…
– Folle sembrò Galileo quando contestò il sistema geocentrico di Tolomeo…
– …e Leonardo con le sue macchine volanti?
– …e Marco Polo quando torno dal Katai?
– Mi scusi… sono un po’ stanca… non sono abituata a parlare così tanto, a spiegare, mi duole la testa ed il cuore…questo cuore debole, dai battiti irreali che mi ha tenuta lontana da tante occupazioni…
– Per fortuna non da quello dello scrivere, io adoro il suo stile, coltivato, arato come un campo, appunto, come se, senza quella cura, lo stelo delle parole si piegasse al peso irrequieto dei suoi pensieri…
– l’arte è la litote cortese, l’iperbole rovesciata, che mi ha rapita in Shakespeare…
– sottodire, non dire, tacere … la parola simbolo del pensiero …
– Già … tutte queste vostre parole, questa vuota amplificazione di inganni, questo mascellare microfonarsi dei falsi condottieri. La storia è fatta delle vite degli esclusi, di quelli cui nessuno dà voce e su cui gravano però i perversi destini del mondo…

Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere,
inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa;
ch’io mi distenda sul quadrante dei giorni,
riconduca la vita a mezzanotte…

– ah, che versi immortali…
– A ciascuno il suo demone… le parole, quelle, si salvano da sole… –
– Signora Campo, la prego, prima di finire, qualche parola sulla musica: so che ascoltava Mozart…ma Brahms? le piace Brahms?… signora Campo, signora Guerrini… la musica, in fondo, sono le parole non dette …

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