Il professor Scoglio insegna calcio Celeste

 

Franco Scoglio: il “professore” per antonomasia del calcio italiano.

“Morirò parlando del Genoa”.

Genova, lunedì 3 ottobre 2005. È sera inoltrata. Nello studio della seguitissima emittente tv “Primocanale”  si parla del Genoa. La squadra ha vissuto un’estate infernale a causa di un illecito sportivo che ha tramutato la promozione in serie A in una retrocessione a tavolino in C/1. La tifoseria è furibonda con il presidente Preziosi che in 3 anni e mezzo ha portato solo sciagure.

Preziosi è al telefono in diretta per rispondere alle domande dei presenti tra i quali c’è l’ex-tecnico rossoblù Franco Scoglio. Il confronto tra i due è serrato, ma senza ira o eccessi particolari: al “professore” sanguina il cuore nel vedere la sua squadra ridotta così. Basta un attimo, Scoglio si accascia con la testa reclinata indietro. Trasmissione sospesa. Il conduttore Giovanni Porcella e l’ex-grifone Claudio Onofri provano a rianimarlo prima dell’arrivo del 118.

Non c’è nulla da fare: Franco Scoglio è morto. In diretta tv. È morto proprio come aveva promesso: parlando del suo Genoa

. È morto a soli 64 anni. Stroncato da un infarto.

Riavvolgiamo il nastro di una vita vissuta intensissimamente. Franco Scoglio nasce a Lipari, isole Eolie, il 2 maggio 1941. Si laurea presto in pedagogia e insegna a Palmi, in Calabria. È quì che compie le sue prime esperienze da allenatore di calcio.

L’A.C.R. Messina e il suo stadio, il “Giovanni Celeste” sono nel destino di questo eoliano dalla lingua sciolta e dall’incrollabile fiducia nei propri ideali. La squadra peloritana lo chiama una prima volta per la serie C ’74/75. Benchè poco più che trentenne, il prof si fa notare aizzando un intero stadio nel match casalingo contro il Catania, sconfitto 2-1. Per gli etnei è l’unico k.o. stagionale.

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opo la brillante conquista della C/2 con la Gioiese di Gioia Tauro nel 1982, è tempo di tornare alla base per far sognare il Messina che nel frattempo era passato in gestione al catanese Turi Massimino, fratello del più famoso Angelo.

Va male il primo assalto alla B nel 1985: per soli 3 punti i giallorossi perdono il treno.

Il “professore” è ormai maturo per costruire quel miracolo che ne esalterà il mito. Franco Scoglio ama instaurare un rapporto con atleti, stampa e tifoseria imperniato sul suo verbo fatto di “lezioni” umane infarcite di neologismi e frasi forti.

La sua calvizie lascia intuire le inspiegabili alchimie attraverso le quali il suo Messina diventa una macchina da guerra indistruttibile.

Anno di grazia ’85/86: l’undici peloritano stravince il suo girone di serie C/1 e torna in cadetteria dopo 18 anni di attesa. Il Celeste è una fortezza da 31 punti su 34 ( ! ) e i 53 gol della squadra le valgono il primato di secondo attacco di tutte le categorie italiane.

Il diabolico professore fa giocare i suoi con un “rombo” che causa nausea ed equivoci tattici fra gli avversari. Nella mente del tecnico liparoto la realtà è rovesciata: a fare i gol non sono gli attaccanti ma i mediani e i difensori: Peppe Catalano, regista con la faccia da eterno bambino, è il bomber con 13 centri, il terzino-prodigio Nicolò Napoli ne ha fatti 8 e Luciano Orati, centrocampista, segue a 7. Le punte Caccia, Diodicibus e Totò Schillaci si adeguano alla filosofia del loro mèntore.

Domenica 25 maggio 1986 è il momento di riscuotere l’abbraccio di un “Celeste” ricolmo e impazzito di gioia. “NON VI DIMENTICHEREMO” scrivono i ragazzi della sud a caratteri cubitali. In campo c’è Messina-Cosenza e dopo il raggelante 0-1 saranno le solite “palle inattive” a compiere la rimonta-promozione: punizione rasoterra di Napoli, incornata di Romolo Rossi e rigore di Catalano. Il 3-2 suggella una stagione partita in estate con una clamorosa vittoria contro la Roma di Eriksson in coppa Italia al Celeste, 1-0 firmato da Luciano Orati. Primo posto nel girone e qualificazione agli ottavi con i giallorossi arresisi al cospetto di un signor Torino.

Nonostante la squalifica-shock dell’idolo messinese Franco Caccia nell’estate ’86, quella del calcio-scommesse,  il Messina prosegue a stupire pure l’anno successivo in serie B. Su Scoglio cominciano a fiorire aneddoti coloriti e divertenti. Nel derby perso a Catania 1-0 in parecchi giurano di averlo visto arrivare al “Cibali” su una A112 scassata e parcheggiata alla meglio nei pressi dello stadio.

Il Messina ’86/87 però fa sul serio. Segna poco, il giusto. Ancora una volta le palle inattive sono un’ossessionante religione scogliana che tutti chiamano “eolian pressing”. Ancora una volta il “Celeste” è inespugnabile. Tra i protagonisti in squadra l’elegante e classico Antonio Bellopede (nomen-homen) è una vera rivelazione.

La clamorosa promozione in A sfuma a 3 giornate dal termine: al “Riviera delle Palme” di San Benedetto del Tronto la locale Samb rifila un secco 2-0 sotto gli occhi disperati di ben 4 mila aficionados messinesi giunti dalla Sicilia. Peppe Catalano sbaglia il rigore che non gli farà chiudere occhio per anni.

Chiuso il ciclo messinese per Scoglio arrivano gli anni genovesi. Il presidente genoano Spinelli ha messo sù una corazzata che ha in una difesa di ferro la sua forza (il compianto Gianluca Signorini ne ha le chiavi). La serie A, il ritorno di immagine, la familiarità coi mezzi di comunicazione; Franco Scoglio, istrionico come non mai, plasma la sua “seconda carriera”. Quella di opinionista tv.

Ma prima arriveranno altre sfide: la nazionale tunisina (condotta ai mondiali 2002) e poi quella libica fino ad un clamoroso ritorno italiano alla corte di un’agonizzante Napoli di serie B, nel 2003.

Esonero e carriera finita.

I funerali del “professore” si sono tenuti a Genova (10.000 persone a omaggiarlo). Poi un viaggio a ritroso verso la natìa isola di Lipari per la tumulazione.

Ma prima uno straziante passaggio da un vecchio amico: lo stadio “Giovanni Celeste” ormai dismesso e silente. Come il professore. Adesso inespugnabili entrambi. Per sempre.

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