Il faraone dell’appennino pistoiese

Il piccolo viaggio della Pistoiese in serie A: dal sogno UEFA all’ultimo posto. Tutto in un solo anno.

La Pistoiese in serie A ’80/81: il presidente-faraone Marcello Melani, la vittoria nel derby di Firenze, il sogno UEFA e la retrocessione immediata.

La Pistoiese '80/81 all'esordio in A sul campo del Torino: con la fascia di capitano si riconosce Sergio Borgo.
La Pistoiese ’80/81 all’esordio in A sul campo del Torino: con la fascia di capitano si riconosce Sergio Borgo.

 

Fino al 1980 Pistoia era nota perlopiù per la mitologica figura del bandito Vanni Fucci che il sommo Dante aveva opportunamente ubicato in una lancinante bolgia infernale. La Pistoiese, fondata nel lontano 1921, aveva assaggiato tanta di quella polvere dalle serie più infime da divenire lo zimbello dei clubs pallonari di Toscana.

Eppure…in mezzo all’appennino tosco-emiliano batte un cuore arancione fuoco in quello scorcio iniziale degli anni ’70. Quel cuore appartiene a Marcello Melani che tutta la città chiama “il faraone”. Una qualifica forse derivante dall’eleganza e dall’aspetto austero.
Così parlò il faraone: “La vecchia città dorme nell’attesa del sole giusto. A proposito: il sole che circola da queste parti, alla levata e al tramonto, è arancione!”.

È il 1974. Il faraone – neo padre padrone della Pistoiese – proclama: “Entro 5 anni vi porto in serie A!”. Lo prendono per pazzo furioso: la squadra milita in D. Ma lo adorano alla follia. Perchè Marcello Melani ama visceralmente la squadra e la città e per esse sacrifica il suo originario progetto sportivo dell’US Valdinievole.

Tre promozioni in 6 anni: l’1 giugno del 1980 la serie A diventa realtà. La profezia del faraone si compie con solo un anno di ritardo. La Pistoiese ’79/80 di mister Riccòmini è una macchina da punti: perde solo 4 gare su 38 e con 22 pari e 12 successi raggiunge la beatitudine della prima e unica A. Bomber è Nello Saltutti con 9 centri, tra i pali Ivo Moscatelli fa 38 presenze su 38. In rosa c’è gente stagionata: Giorgio Rognoni ha 34 primavere addosso, Frustalupi ( quello della Lazio scudetto! ) viaggia quasi per i 40 ( ! ) e Marcello Lippi è a fine carriera coi suoi 32 anni.

Serie A, dunque. E per la prima volta. Quella 1980/81 porta clamorose novità: si riaprono le frontiere per gli stranieri. La Roma tessera Falcao, la Juve Brady, l’Inter Prohaska e l’Avellino Juary. Avellino, Bologna e Perugia partono da -5. “Ci salviamo anche giocando sdraiati in terra…” si sussurra tra le vie di Pistoia.

Furono queste toscanissime convinzioni a indurre il faraone ad una sciagurata campagna di allestimento della rosa per la massima serie? Sta di fatto che a coordinare il tutto è chiamato Edmondo Fabbri con l’ibrida mansione di “direttore tecnico”. Proprio il Fabbri commissario tecnico della nazionale azzurra eliminata dalla Corea del Nord nel ’66…

Vengono confermati tutti i “vecchietti”: Rognoni, Frustalupi, Berni; affiancati dai nuovi arrivi Bellugi e Mascella ( 30 anni entrambi ) e dal trentunenne Badiani. Tre appena i giovani in rosa: i biondi mediani Paolo Benedetti e Agostinelli e l’imprevedibile jolly Mirko Paganelli. Lo straniero? A scatola chiusa sbarca in Toscana tale Luis Silvio Danuello, ala ventenne brasiliana dallo sguardo ammaliante ma dalla carriera inesistente. Uno dei più grossi bidoni della storia del calcio.

La “Pisto”, su cui si addensano nubi di minacciosa sfiducia ai nastri di partenza, fa marameo a tutti e dopo il primo impatto negativo riesce a salire agli onori della cronaca con una clamorosa serie di 3 successi consecutivi: il 28 dicembre ’80 con un pesante 1-3 è espugnata Catanzaro con le reti di Chimenti ( bomber giunto a novembre ), Badiani e Paganelli. È la seconda affermazione del trittico che era cominciato con il secco 2-0 casalingo contro il Como tre giorni prima di natale.

Poi, il capolavoro: domenica 18 gennaio ’81, Fiorentina-Pistoiese. Giorgio Rognoni sblocca per gli ospiti al 34′. Cinque minuti dopo Antognoni pareggia ma al 44° il pratese Roberto Badiani manda in estasi le falangi del tifo orange insaccando alle spalle di Giovanni Galli: 1-2 per la Pistoiese, a casa della Fiorentina! Badiani e soci, ora al 6° posto in classifica, sognano l’UEFA. I giornali parlano di “Olandesina d’Italia” ed elogiano sperticatamente il team allenato da Lido Vieri.

La domenica successiva, al “Comunale”, è ospite la Roma di Liedholm. Ma chi vuoi che abbia paura!?

Già…: Vito Chimenti sbaglia il rigore che poteva indirizzare il match e cambiare la storia. I giallorossi, nella ripresa, dilagano: 0-4. Lentamente la stella arancione diventa di un bianco sbiadito: Luis Silvio non gioca. Fabbri esonera Vieri e si siede in panca. La squadra è stanca e crolla di schianto: 3 soli punti nel girone di ritorno. Ultimo posto. Quello di Firenze è l’ultimo successo stagionale lontano anni luce ormai.

È serie B. Una coltellata in pieno cuore per il faraone. Il mito della Pistoiese si dissolve in pochi, sciagurati, anni: una marcia del gambero che la riporta in C/2 già nel 1985. Melani aveva mollato l’anno prima lasciando il club a tal Dromedari, imprenditore calzaturiero presto rovinato dal crollo del dollaro. E presto arriva anche il fallimento societario nel 1988 e la ripartenza dalla D grazie ai 20 milioni di lire raccolti dai tifosi che eleggono Frustalupi presidente.

Il faraone se ne è andato in silenzio, imprigionato dal mito irripetibile che lui stesso aveva creato. E in silenzio la città lo ha omaggiato intitolandogli lo stadio. Il tempio dell’Olandesina che ballò una sola estate.

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