Claudio Ranieri

Roma, 20 ottobre 1951

Nell’estate del 1982, mentre la Nazionale si laureava Campione del Mondo in Spagna, ai piedi dell’Etna si lavorava alacremente per puntare alla promozione in Serie A. Dopo due discrete stagioni in B, infatti, Angelo Massimino era intenzionato a riportare i rossazzurri nell’Olimpo del calcio nazionale (da cui mancavano dal 1971). Per farlo, aveva puntato sul due volte Seminatore d’oro Gianni Di Marzio, allenatore che proveniva dal Napoli, ma che aveva fatto le sue fortune a Nocera e Catanzaro.

Dopo cinque anni, andò via il grande capitano Lorenzo Barlassina, ma in compenso arrivarono i forti difensori Mastropasqua e Chinellato, i centrocampisti Giovanelli, Crusco e Mastalli, e l’arcigno terzino destro Claudio Ranieri.

Ranieri, romano testaccino (anche se originario del quartiere di San Saba), era un giocatore di grande esperienza ed uno dei pupilli di mister Di Marzio. Classe ‘51, era cresciuto nelle giovanili della Roma, per poi passare nel 1974 al Catanzaro allenato all’epoca proprio da Di Marzio.

Con i giallorossi, Ranieri ottenne due straordinarie promozioni in A (1976 e 1978) e disputò cinque stagioni in massima serie da protagonista, vantando anche un settimo posto e due semifinali in Coppa Italia. Fu a lungo capitano dei catanzaresi e ne detiene tuttora il record di presenze in A (tanto che è cittadino onorario del capoluogo calabrese).

Giunto a Catania, si impose subito per esperienza ed equilibrio in campo. La difesa rossazzurra, con capitan Sorrentino a fare da sigillo in porta, era impenetrabile (subì in totale appena 21 gol). In attacco, Cantarutti, Crialesi e Mastalli segnarono sempre gol decisivi, che portarono in cascina punti pesanti.

Giunto al terzo posto a pari punti con Como e Cremonese, il Catania si impose negli spareggi di Roma, ottenendo la promozione in Serie A il 25 giugno 1983, spinto da una folla oceanica di 40.000 catanesi (ma forse anche di più): la più grande trasferta nella storia del calcio italiano. Ranieri fu uno dei più amati dalla tifoseria e risultò tra i migliori della rosa: per lui 34 presenze totali, condite da un gol importante a Perugia.

Nell’estate successiva la dirigenza mantenne l’intelaiatura della promozione, puntellando la rosa con i brasiliani Luvanor (centrocampista offensivo) e Pedrinho (terzino sinistro) e, a stagione in corso, Andrea Carnevale. La squadra, tuttavia, faticò sin dal principio nel massimo campionato, subendo gol a grappoli e segnando troppo poco.

La difesa, meraviglia del campionato precedente, non trovò più i propri ingranaggi e la squadra fu costretta a fare di necessità virtù allorquando si trovò senza Mastalli e Mastropasqua, infortunatisi gravemente. Fu proprio Ranieri ad adattarsi a libero, affiancato spesso dal suo ex compagno di squadra a Catanzaro, Giuseppe Sabadini.

Neanche l’esonero di Di Marzio alla 12^ giornata e l’arrivo di Giovan Battista Fabbri cambiarono le cose ed inoltre il Catania si ritrovò a giocare in trasferta quasi tutto il girone di ritorno, a causa delle continue squalifiche del Cibali per le intemperanze dei tifosi. La squadra chiuse mestamente all’ultimo posto, con soli 12 punti (ed una sola vittoria, in casa contro il Pisa).

Ranieri, malgrado sia stato il più presente (30 partite) e sempre sostenuto dai tifosi, decise di andar via, accasandosi al Palermo, squadra con cui chiuse la carriera due anni dopo.

In maglia rossazzurra, per lui in totale 69 presenze tra campionato e coppa. Due sole stagioni, ma certamente rimaste nel cuore di un uomo che, nel marzo 1996, comparve a sorpresa dietro al feretro di Massimino per rendergli omaggio.

Non a caso, è oggi uno degli uomini di calcio più stimati ed apprezzati in Europa. La sua carriera da allenatore, iniziata a Lamezia Terme, ha toccato grandissime squadre: Fiorentina, Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Juventus, Roma, Inter, Monaco, fino alla meravigliosa favola del Leicester. Un gentleman d’altri tempi, nella cui storia Catania ha l’onore di comparire in un piccolo, speciale capitolo…